Intervista a Nicolò Nobili

Nicolò Nobili, ala classe 2002 scuola Virtus Bologna, attualmente nel sophomore year in NCAA Division 1 con Boston University, sta mettendo a referto 6.9 punti, 3.9 rimbalzi e 1.0 assist in 22 minuti di media nelle 23 partite giocate (22 in quintetto) sino ad oggi. Ai nostri microfoni ha raccontato le motivazioni che l’hanno spinto ad andare al college, le differenze con il basket italiano e molto altro.

Ciao Nicolò! Come ti stai trovando in questo secondo anno? Stai avendo molti più minuti a disposizione, a cosa pensi sia dovuto?

Mi sto trovando sicuramente meglio rispetto all’anno scorso, siccome le possibilità che mi vengono date sono cresciute notevolmente, principalmente per due motivi. Il primo, ovviamente, è che quest’anno c’è molto più spazio in quanto alla fine della scorsa annata si sono laureati i 5 titolari che, lasciando la squadra, hanno dato minuti a tutti i più giovani, compreso me; la seconda è che sono cresciuto come giocatore all’interno di questo programma e quindi per forza di cose mi vengono date più responsabilità. Purtroppo quest’anno uno dei nostri lunghi si è infortunato al ginocchio e dal momento che sarà fuori per il resto della stagione, sono costretto a giocare principalmente da 5 per mancanza di numero; ma a parte questo inconveniente, mi sto trovando indubbiamente meglio.

Quali sono i tuoi obiettivi personali e di squadra per quest’anno?

Il mio obiettivo principale è quello di migliorare come giocatore per farmi trovare il più pronto possibile per quello che accadrà in futuro; chiaramente vorrei anche trovare un ritmo partita che per forza di cose ho un po’ perso l’anno scorso dato il minutaggio ridotto che mi è stato concesso. Come squadra abbiamo l’obiettivo di arrivare il più avanti possibile; siamo una squadra con molti giocatori nuovi e giovani e deve ancora scattare la scintilla, ma il talento e le possibilità ci sono quindi puntiamo ad arrivare il più in alto possibile, che a livello collegiale è arrivare alla March Madness ovviamente.

Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a intraprendere la scelta di andare al college?

La scelta di intraprendere l’esperienza del college si è concretizzata dopo il mio primo anno in America, anche perché prima di venire qua non sapevo come questo mondo funzionasse. Durante il mio primo anno ho capito che il college sarebbe stata un’ottima occasione per crescere come giocatore ed atleta e allo stesso tempo continuare i miei studi. Poi, durante il periodo delle prime offerte e delle prime visite, ho visto con i miei occhi il mondo della pallacanestro collegiale americana ed è stato difficile non innamorarsi.

E’ stato difficile adattarsi al basket USA? Quali sono le differenze più grandi che hai notato?

È stato un po’ difficile all’inizio. Il ritmo del gioco è completamente diverso da quello in Italia, l’atletismo e la velocità dei giocatori qua è di un’altra categoria rispetto all’Europa. Allo stesso tempo però viene penalizzata la parte tecnica e tattica, infatti il gioco americano è più semplice come concetti, e questo mi ha aiutato soprattutto all’inizio perchè riuscivo a leggere le situazioni più velocemente di quelli con e contro cui giocavo.

In cosa ti senti più migliorato rispetto a quando eri nelle giovanili della Virtus?

Sono migliorato decisamente a livello fisico e atletico perché mi sono dovuto adattare alla realtà americana. Ho migliorato anche le mie routine personali per bilanciare la parte tecnica che, come ho detto, viene presa un po’ meno in considerazione; ho dovuto crearmi una routine di workout per continuare ad allenare e mantenere la mia tecnica, e la cosa mi aiuta anche a livello mentale per mantenere una costanza in quello che faccio

Qual è l’avversario più difficile che hai incontrato e quello invece a cui ti ispiri?

Ci sono stati diversi avversari difficili contro cui ho giocato da quando sono qua; di quelli che mi vengono in mente al momento, sicuramente Jonathan Kuminga e Cam Whitmore che a livello fisico e atletico sono sempre stati di un’altra categoria. Non c’è un giocatore contro cui ho giocato a cui mi ispiro particolarmente, ma ce ne sono un paio in cui mi rispecchio come giocatore, per esempio Nate Laszewski.

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