Intervista a Leonardo Valesin

Leonardo Valesin, playmaker classe 2006 alla prima stagione con Brianza Casa Basket, si sta facendo notare in Serie B Nazionale grazie a 6.1 punti (53% da due), 1.7 rimbalzi e 1.9 assist di media e con un massimo stagionale di 16 punti. Ai nostri microfoni ha raccontato l’esperienza a Bonn, i suoi obiettivi per la stagione corrente e molto altro.

Ciao Leonardo! Partiamo dall’inizio: entrambi, sia tuo padre che tuo fratello, sono stati due sportivi.

Sì, mio papà è stato uno sportivo nel mondo del calcio e mio fratello ha giocato a pallacanestro.

Come mai hai deciso di seguire la passione di tuo fratello?

Ho iniziato a giocare a calcio da piccolo. Poi, con la scusa di andare sempre a vedere le partite di mio fratello con mio padre, ho toccato per la prima volta il pallone da basket e mi sono subito appassionato a questo sport. Infatti, fino alla quinta elementare, ho giocato sia a calcio che a basket. Poi ho dovuto scegliere, dato che i fine settimana avevo le partite di entrambi, quindi era diventato impossibile gestirli e ho scelto il basket.

Giochi a Caorle fino all’U14, anno in cui vieni chiamato a partecipare a un torneo con il Real Madrid. Raccontaci di quella esperienza. 

L’estate prima di quel torneo avevo partecipato a un camp di alta specializzazione a Caorle con Marcelo Nicola come responsabile. Lui aveva delle conoscenze in Spagna e aveva mandato alcuni miei video. Successivamente, la società del Real Madrid ha contattato Caorle ed anche mio padre e hanno chiesto la disponibilità per farmi partecipare agli allenamenti e successivamente al torneo. Sono stato lì per due o tre giorni, per allenarmi, e ho avuto la possibilità di visitare le strutture, i campi, la foresteria, la cantera: il massimo della professionalità. 

In quel torneo vinci anche l’MVP.

È stata una sorpresa, ma anche una bella emozione. Ho giocato bene durante il torneo, dimostrando le mie abilità anche oltre i punti segnati. Ambientarsi così rapidamente in una squadra sconosciuta è stato un po’ difficile, ma sia io che i compagni siamo stati bravi a entrare subito in sintonia. 

Dopo il torneo eri rimasto in contatto con il Real Madrid?

L’anno successivo, quando ero già a Bassano, ho partecipato a un altro torneo simile. 

A Bassano fai le giovanili ma ti affacci fin da piccolo al campionato senior della C Gold. Ti ha insegnato molto?

Le prime esperienze con i senior sono state una sorta di campo di battaglia. Avevo solo 15 anni, quindi non ero ancora completamente pronto in termini di esperienza e fisicità rispetto a un senior. All’inizio è stato difficile, ma pian piano ho trovato il mio spazio e mi sono ambientato.

Bassano fa una selezione su tutto il territorio italiano e anche all’estero, com’è stato condividere la foresteria con persone che hanno delle culture così diverse?

Vivere nella foresteria con ragazzi provenienti da diversi luoghi del mondo mi ha sicuramente arricchito. 

Tra i ragazzi c’è qualcuno con cui hai legato di più?

Uno dei miei migliori amici ancora oggi è Lorenzo Torrigiani, ci sentiamo spesso e ci vediamo quando possiamo. Anche con Dame Sarr, che ora gioca nel Barcellona, ho un buon rapporto; ci conoscevamo già prima di Bassano, infatti, ci siamo affrontati da avversari quando lui giocava a Oderzo. Abbiamo anche giocato insieme agli Europei U16. 

Com’è stato indossare la maglia azzurra?

È sempre un’emozione incredibile. Rappresentare i colori della propria nazione è un privilegio che non tutti possono avere. Giocare con compagni di squadra provenienti da tutto il paese è fantastico, quegli stessi che magari sono stati tuoi avversari durante l’anno.

Finito l’Europeo decidi di trasferirti a Bonn. Com’è avvenuto quel passaggio?

A fine giugno, con il mio procuratore, abbiamo iniziato a esplorare alcune opzioni e Bonn è emersa come una possibilità interessante; prima dell’inizio del raduno per l’Europeo ho visitato le strutture e ho preso la decisione di trasferirmi. Principalmente volevo sviluppare la mia carriera come giocatore. In Italia è difficile trovare spazio in una squadra senior quando hai completato il settore giovanile. In Germania la squadra era abbastanza giovane, ho avuto l’opportunità di giocare sia con la squadra senior che con l’U19. Ho scelto questa esperienza all’estero per mettermi alla prova e vedere come mi sarei adattato.

Com’è andata a Bonn?

Diciamo che è stata abbastanza dura; ero abituato a Bassano in un contesto dove avevo un certo stile di vita di un normale ragazzo italiano che in Germania non sono riuscito a riproporre. Quello è stato uno dei motivi principali che mi ha fatto scegliere di interrompere quel percorso; la situazione mi stava un po’ logorando. Dal punto di vista cestistico ho giocato con i Dragons Rhöndorf, che sono la squadra satellite della Telekom Bonn che partecipano alla Pro B tedesca. Non stavo giocando molto perché era una squadra corta nelle rotazioni ed io ero il cambio del playmaker americano, che giocava 30-35 minuti, quindi era abbastanza difficile trovare spazio. Poi, quando lui è rimasto infortunato qualche settimana, ho giocato di più e ho fatto abbastanza bene: per esempio una partita con 14 punti. Però quando c’era lui facevo sicuramente più fatica.

A cosa può essere comparato il livello della Pro B tedesca in Italia?

Secondo me, quest’anno con la B Nazionale ci avviciniamo di più al livello della pro B tedesca. La Pro B tedesca, in tutta la Germania, presenta solo due gironi da sedici squadre. Rispetto alla B in Italia dell’anno scorso, il livello in Germania, era molto più alto, da tutti i punti di vista. Ora sono più simili.

Ti sei mai allenato con la Telekom Bonn?

No, l’idea era di fare un anno nella Pro B per ambientarmi e cominciare a entrare già nel giro della squadra della Telekom l’anno successivo.

Successivamente hai concluso la stagione a Ruvo di Puglia. 

Dopo aver lasciato Bonn ho cercato nuove opportunità ed è emersa l’opzione Ruvo. A Ruvo mi sono trovato molto bene, con la città, con la squadra, le persone. Mi ha fatto un po’ rinascere; in Germania erano stati dei mesi un po’ difficili. 

Quest’anno giochi a Brianza Casa Basket. Raccontaci come sta andando e la tua decisione di trasferirti in Brianza. 

Bene, siamo una squadra giovane: il più grande ha 30 anni. È una squadra con molti margini di crescita, lavoriamo duramente tutta la settimana e poi il giorno della partita diamo tutto in campo. La decisione è arrivata dopo la chiamata con il coach Nazareno Lombardi che mi ha spiegato il suo modo di lavorare. Ho anche sentito l’opinione di due miei ex compagni di Bassano che ora giocano qua e me ne hanno parlato molto bene. Dopo un paio di giorni avevo già accettato l’offerta. Qui a Brianza ho trovato tutte le caratteristiche che stavo cercando sia dal punto di vista individuale che di squadra. 

Cosa ti ha detto il coach per convincerti?

Secondo lui, se sei bravo devi giocare, l’età non conta. Questa è una mentalità che apprezzo molto, perché non tutti gli allenatori la seguono. Far giocare un giovane e concedergli dei minuti importanti non è semplice. Inoltre, mi ha colpito la serenità con cui ci permette di fare le cose. Non ci penalizza subito per gli errori, ma ci aiuta ad allenarci, a fare bene e a migliorare tecnicamente a livello individuale. Questa è sicuramente una delle cose che mi ha convinto.

C’è stato qualche giocatore che ti ha aiutato nella tua carriera?

Mario Ghersetti mi ha aiutato molto lo scorso anno a Ruvo di Puglia, specialmente perché ero il più giovane. Mi ha preso sotto la sua ala e mi ha fatto sentire il suo sostegno anche quando commettevo errori. Trovare un senior così non è facile. Lui era il più anziano, dava sempre il massimo, anche quando aveva qualche acciacco.

Quali sono i tuoi obiettivi personali e di squadra quest’anno a Brianza Casa Basket?

Dal punto di vista personale, sto lavorando per migliorare sia dal punto di vista fisico che tecnico. Vorrei fare una stagione che mi permetta di fare il salto di qualità. Per quanto riguarda la squadra, l’obiettivo è arrivare ai playoff. Una squadra giovane come la nostra potrebbe essere una sorpresa ai playoff, perché siamo un gruppo coeso e possiamo creare problemi anche alle squadre più esperte.

Come ti definiresti come giocatore?

Mi vedo come un playmaker con la capacità di attaccare il ferro, tirare da tre e gestire diverse situazioni di gioco. Sono versatile e metto molta energia sia in difesa che all’attacco. Mi entusiasmo dopo le azioni positive dei compagni. Sono un giocatore che porta voglia e grinta in campo.

Leggi gli scouting report? Ti motivano?

Sì, li leggo volentieri. Li prendo come uno stimolo su cosa migliorare e su quali aspetti concentrarmi durante gli allenamenti.

Su quale aspetto del tuo gioco ti stai focalizzando di più al momento?

Attualmente sto lavorando molto sul miglioramento del mio tiro da tre punti. Sto cercando di renderlo più affidabile, anche in situazioni cruciali. Non ho paura di prendere tiri importanti, come ad esempio il tiro contro Legnano per pareggiare e portare la partita all’overtime: l’ho preso senza pensarci troppo.

C’è qualche giocatore che studi o da cui cerchi di prendere spunto?

Mi piace molto Shane Larkin dell’Efes Istanbul. La sua esecuzione è pulita ed elegante, mi piace come gestisce la squadra e si prende delle responsabilità. È un giocatore che ammiro e dal quale cerco di imparare.

Passando alla parte “extra basket”, cosa ti piace fare al di fuori del campo? Hai qualche passione? Stai continuando a studiare?

Sì, sto facendo il liceo linguistico online. Con gli allenamenti due volte al giorno è l’opzione migliore. Al di fuori del campo, mi piace uscire a Milano con i compagni. Ci piace stare insieme, siamo un gruppo abbastanza unito, sia dentro che fuori dal campo.

Hai mai pensato a un piano B nel caso in cui non fossi diventato un giocatore di pallacanestro professionista?

Certamente. Anche se al momento non ho un piano B definitivo, il mio obiettivo è completare gli studi superiori. Dopo il diploma, mi piacerebbe frequentare l’università e ottenere una laurea per rimanere nel mondo dello sport, magari come preparatore fisico, osteopata o massaggiatore.

Ti consideri un leader in campo?

Sono quel tipo di compagno che, dopo un errore, è sempre pronto a dare il cinque, dare una pacca sulla spalla e dire: “Dai, la prossima volta entra il tiro”. Mi sento abbastanza a mio agio sia nel ruolo di uomo spogliatoio che in campo, cercando di mantenere un ambiente positivo e senza problemi.

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